venerdì 30 settembre 2011

Clevermind

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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Seduto a guardare il panorama che scorreva rapido oltre il finestrino del treno che cambierà la mia vita mi sono congedato dai miei assilli per un intero viaggio, senza pormi domande ho assaporato il gusto della pura curiosità, dello scoprire cosa c’era oltre ogni albero che il convoglio superava a tutta velocità e di cosa mi attendeva alla fine del viaggio e se qualunque cosa fosse apparsa ai miei occhi sarebbe stata paragonabile a quanto fantasticavo.

Questa mattina, alle prime luci dell’alba, dopo una notte insonne trascorsa immobile nel mio letto, i raggi del sole entravano attraverso gli spiragli della persiana e mi sono voltato a guardarli, stanco, ma non a causa del mancato sonno piuttosto per tutto quello che la mia vita non era. Ho guardato il nuovo sterile giorno che arrivava e ho deciso con un impulso di collera che non ne sarebbe nato neanche più uno, sono balzato in piedi, sono corso a prendere un borsone e senza guardare ho buttato dentro abiti e qualche libro a caso, sono uscito di casa diretto alla stazione con il volume della musica al massimo, bombardandomi il cervello di note potenti, con gli occhi bassi ho attraversato la stazione, per non guardare alcun tabellone delle partenze, alla biglietteria ho chiesto di stamparmi il biglietto con il più alto chilometraggio, sarò sembrato un pazzo ed all’insistente domanda della giovane impiegata sul perché ho risposto che avevo bisogno di andare il più lontano possibile e lei non ha più chiesto nulla, mi ha guardato e mi ha sorriso comprensiva e allo stesso tempo affascinata, sono arrivato di fronte ai binari e ho raggiunto una posizione centrale, ad occhi chiusi ho girato su me stesso tre volte e poi li ho aperti, sempre a testa bassa, per non guardare la destinazione del treno che il caso aveva scelto per me.
Ho lasciato tutti, non sono rintracciabile, sono l’unico a sapere dove mi trovo in ogni istante, ho rinunciato al mio lavoro senza dare neanche uno straccio di dimissioni, non ho chiuso a chiave la porta di casa, se qualcuno volesse potrebbe rubare tutto e non mi importerebbe nulla ora come ora, non ho salutato i miei amici né i miei parenti né la mia compagna e non provo alcun senso di colpa per questo, sono estasiato dal senso di libertà assoluta. Mi esalta questo impulso, mi esalta il fatto di riuscire ancora a provarne, mi lascia credere che non è ancora tutto perduto, che posso ancora realizzare qualcosa per me stesso con i miei giorni. Non mi spaventa minimamente l’idea di finire chissà dove, in un posto dove non conosco nessuno, dove non ho un lavoro, non ho un tetto, potrei perfino non conoscere la lingua, con un budget limitato a quanto avevo disponibile in casa al momento della mia partenza e a quanto riuscirò a prelevare nei prossimi giorni dal mio conto in banca, prima che questo venga controllato a seguito della mia improvvisa ed inspiegabile sparizione, ma a quel punto io mi sarò già spostato.
Voglio abbandonare tutte le mie incertezze, tutte le mie paure, voglio costruirmi perché finora non l’ho fatto, ho accettato passivamente gli eventi e le casualità, mi sono lasciato plasmare da loro morendo dentro sempre un po’ di più di volta in volta. Esigo da me stesso che questa esperienza esorcizzi le mie paure, guarisca le mie ipocondrie, mi faccia agire invece di continuare a stare fermo sullo sfondo come spettatore della mia stessa vita. Ho dovuto staccare completamente, rinunciare a tutto perché l’unico modo per costruirmi è reinventarmi, è essere attore, impersonare qualcuno totalmente diverso da me, un uomo sicuro, pragmatico, razionale, con voglia d’agire ed attivo, che non si tira mai indietro, un uomo coraggioso e non condizionabile dagli altri.

sabato 24 settembre 2011

Vittima e carnefice.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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Perduta nel tempo, brancolante tra i secondi che scorrono sempre più rapidi e poi, d’improvviso, decelerano tanto da sentir gravare sempre più sulle spalle quel tempo buttato. Ricorrono nella mente pensieri ossessivi, eco di frustrazioni. Come la frustrazione per le pagine lasciate bianche da tanto tempo. Razionalità prescriverebbe di riempirle ed archiviare così la cosa. Ma ogni frustrazione, si sa, è figlia e madre. Razionalità non lo sa. Lei è al di fuori dei circoli viziosi, segue Logica, che è lineare. Io, io conosco bene Razionalità, Logica ed Emotività. Ho permesso loro di prendermi a braccetto tante volte ed ho assistito a tante loro guerre, tutte combattute nella mia testa, dove si contendono il dominio dei miei pensieri e, posso dire, da spettatrice, che un motivo esiste se Emotività si batte da sola contro due validi avversarie: ha più armi per dominarle, come il lazo dei circoli viziosi, appunto. Stordisce con sentimenti ed emozioni contrastanti, senza addurre spiegazione alcuna per ciascuno ed il suo contrario, così che Razionalità e Logica non abbiano strumenti per attaccarla al di fuori dello sterile ed altrettanto non argomentabile “Non ha senso, o è l’uno o è l’altro, non puoi ritenere contemporaneamente vera un’emozione ed il suo contrario.” “Ed invece è così” – risponde quella. Sterile, tutto. Ne hanno per ore, giorni, mesi o anni, quando cominciano a scontrarsi su qualcheduna delle mie idee o emozioni. Ed io rimango in sospensione di giudizio su quel pensiero per tutto il tempo in cui loro dibattono e, così, Emotività ottiene una nuova vittoria: genera altre ansie che mettono al mondo nuove frustrazioni che accudiscono la mia depressione, perché possa trovare sempre un giaciglio confortevole in cui continuare a risiedere. E per quanto, talvolta, io fornisca armi di contrabbando a Razionalità e Logica, Emotività, con le sue sole forze, riesce a protrarre sempre la battaglia, talmente a lungo che io continuo a rimanere ferma. Il tempo scorre, inesorabile, senza che io abbia compiuto alcuna azione. Rimango immobile. Per tutto. Per tutti. O meglio: per tutto e per tutti per come la vedo io, che sono dentro di me e, di conseguenza, l’unica a poter sapere davvero come stanno le cose; so per certo che chi è al di fuori di me non riesce a vedere questa immobilità o, al più, ne vede solo una parte perché coglie alcuni dei tentativi di agire che attuo, e li interpreta come un mio moto durevole, che si affievolisce di tanto in tanto, forse per stanchezza, ma che non scompare. Ma questi tentativi, io so non essere assolutamente sufficienti per sovvertire la mia condizione. Per contrastare l’immobilità verso tutto, a dire il vero, non faccio molto, perché è la cosa su cui quelle tre si scontrano di più: il loro terreno di guerra più fertile è, senza dubbio, il mio rapporto con la Vita ed il Mondo, quindi di base il rapporto con me stessa. Ed essendo tali argomenti motivo dei loro più lunghi dibattiti, io non riesco quasi mai ad agire per me stessa verso il tutto. Per contrastare l’immobilità verso tutti ho un più ampio margine d’azione. Dibattono meno su quello. Quando rimango ferma verso tutti, è perché Emotività ha trovato il modo di inserire nel discorso sulle mie azioni verso gli altri qualche congettura che riconduce a me, e da qui seguono battaglie ancora più aspre delle precedenti, perché coinvolgono “tutti e tutto”. Ma il vero nodo della questione dell’immobilità quasi assoluta verso tutto e della maggiore attività verso tutti risiede sempre nelle capacità di Emotività. Un’altra sua vittoria: l’indurmi ad occuparmi di ciò che è altro da me per sentirmi appagata, ma soprattutto, diabolicamente da parte sua, per tenermi lontano dalle battaglie che conduce su di me, cosicché io non abbia modo, stufa delle sue vittorie, di schierarmi con Razionalità e Logica. Mi lascia fuori, a non occuparmi di me e con l’atroce dubbio che, l’occuparmi degli altri, quelle volte in cui riesco a farlo, siano frutto di puro egoismo, unicamente un modo per fuggire da me stessa e questo le offre ulteriori spunti per ingabbiarmi nelle mie ansie e paranoie, buttandomi sempre più giù, lasciandomi sempre più inorridita da me stessa e sempre più vulnerabile ai suoi attacchi. Le volte in cui, invece, vorrei occuparmi dell’altro da me ma sono immobilizzata dalle guerre che si consumano nella mia testa, Emotività sfodera l’altra sua arma, quella del senso di colpa che porta con sé spiacevoli sensazioni come l’inadeguatezza. E così io rimango, comunque, sua vittima, immobile o meno.