giovedì 12 aprile 2012

L'ospite

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


...Inizia a leggere dopo aver avviato il video...






Con un po’ di alcol che scorre nelle vene diventa tutto più semplice: riesco a descrivere meglio le sensazioni che l’ospite dentro di me mi racconta. Si sente sbocciare come un fiore al mattino, quando la rugiada lo bagna ed il Sole inizia ad illuminarlo. Poco a poco si apre, pronto ad affrontare un nuovo giorno. Sarà facile la vita di un fiore?
Un fiore non chiude i suoi petali fino a sera, affronta le intemperie, non demorde, richiama le api, è aperto al mondo e si mostra fiducioso verso di esso, si assume il rischio di venire schiacciato od estirpato mentre assolve al compito cui è destinato. Il mio ospite invece chiude se stesso al mondo quasi subito al mattino. I buoni propositi di cui mi parla ogni sera mentre siamo distesi a letto vengono puntualmente disattesi nelle prime ore del giorno, e non trova modo migliore per non vedere il fallimento che è di chiudere fuori anche me: mi lascia confinata in un angolo della mia mente con le pareti elastiche, ed ogni pensiero rimbalza su queste e torna al mittente, più potente ad ogni rimbalzo. Verrebbe voglia di scrollare la testa a destra e sinistra nel tentativo di farlo uscire per indirizzarlo all'ospite ed imporgli di rispettare gli impegni presi, ma rimane lì e mi colpisce di continuo. Fa male. Ma deve esserci una via di fuga, qualcosa in quella stanza non è a tenuta stagna come sembra: c’è una sensazione prepotente in un altro distretto, si manifesta ad ogni rimbalzo. Il cuore pulsa forte e poi si contorce, sembra voler scoppiare per ribellarsi. Deglutisco. Non va giù questo peso ed il cuore non si placa. Diventerò pazza, se non lo sono già. Il controllo ormai è sempre più difficile da mantenere:

è un'ansia che cresce, mi divora
ed ora come ora non so se posso sopportarla
ancora.
Il cuore batte troppo forte, la gola si stringe,
i polmoni mancano d'aria e lo sguardo
stinge.

Lo sguardo: disattento, distante. Vedo ma non guardo, né tantomeno osservo. Mi ossessiona troppo quello che c’è dentro per considerare l’esterno. Ormai non ascolto neanche più. Sento, ma non ascolto. E così non ricordo. Quest’altro da me sta inghiottendo tutto, persino i ricordi. Diventano più sbiaditi di giorno in giorno e non riesco a collezionarne di nuovi. Si dice che si beve per dimenticare, io bevo per ricordare. Ricordare cosa vuol dire Sentire, cercando di percepire l’ospite, d’interpretarlo, di convincerlo a raccontarmi la vita che mi impedisce di vivere e che non vive. Eppure entrambi abbiamo in mente di viverla ed allora: dove finisco io e dove inizia il mio ospite?