lunedì 30 luglio 2012

Freddo.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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E’ la sensazione di non essere padrone di te stesso che ti conduce verso l’oblio della tenebra. Rimane solo un pensiero e sembra riecheggiare urtando contro le pareti della stanza che, ogni secondo che passa, si stringono claustrofobicamente su di te.

E per quanto sia orribile quell'unico pensiero che ti è rimasto, e vorresti scacciarlo con tutte le tue forze, c’è una parte di te che lo afferra e non vuole mollarlo perché pensare è quello che ti rende vivo. E per qualche secondo che sembra durare in eterno, quell'idea primeggia alimentando il tuo terrore e il vuoto che ti dilaga dentro una volta aperta la ferita. E’ sentirsi spezzati, avere la sensazione che pezzi di te crollino in terra sgretolandosi e che il cuore sia pronto a frantumarsi da un momento all'altro per seguire il resto, perché non può durare molto più a lungo degli altri pezzi: è lì che hai sentito il primo squarcio, prima o poi cederà, non sai esattamente quando, ma sai che succederà. Ti sforzi di spalancare gli occhi, quasi a voler afferrare la prima immagine serena che possa trarti in salvo, ma non vedi nulla davvero. E per quanto ti sforzi di respirare aiutandoti con la bocca, l’aria si blocca in gola tanto da farti male e il fiato ti continua a mancare, il peso sul petto è sempre più insopportabile, la testa sempre più leggera e quasi ogni sua facoltà è azzerata. Non riesci neanche ad emettere un suono. L'afonia ti avvicina sempre di più all'attimo in cui non sarai più, come fa la tua tremante rigidità. Eppure il tuo cervello sta funzionando, ma realizza immagini di un completo buio stretto attorno a te, che ti imprigionerà per sempre, dal quale non esiste via d’uscita una volta attraversata la linea tra luce e oscurità. E queste immagini non fanno che amplificare il terrore di stare per attraversare la linea nell'immediato, consapevole che non basterebbe puntare i piedi sul terreno, aggrapparti a tutto quanto di saldo trovi sulla via, ammesso che il tuo corpo di colpo riprenda ad obbedire al tuo volere, per rimanere dal lato in cui i tuoi occhi vedono, il tuo cervello pensa tu parli, ridi, ami e odi.

E più cerchi di sgombrare la mente più i tuoi assilli si ripresentano, uno ad uno, poi insieme, poi il più lontano e il più recente. Bussano insistentemente alle porte della tua anima, ululano il tuo nome, graffiano sui vetri, non puoi non sentirli, non puoi mai non ascoltarli.

E’ un brivido gelido, un senso di morte imminente, il crollo di ogni certezza, è panico, quello che ti prende.
6 Maggio 2010