venerdì 18 marzo 2016

Claustrofobia

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



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Oggi le racconterò un sogno ricorrente nell'ultimo periodo, dottore.
La mattina, ancora prima di aprire gli occhi, sento una stretta al cuore e alla gola, e l'ansia non si placa per tutto il giorno. Si riduce, ma non si placa, ed io mi sento stretto in una morsa da cui è difficile liberarsi, e devo usare tanta, troppa, forza per condurre la mia vita quotidiana.

Sì, il sogno, le dicevo... Sono in un cortile di pietra, guardo in basso e vedo pietre bianche e grigie levigate incastonate nella terra. I ciuffetti d'erba qui e lì. Sono verdi anche se la poca terra che vedo sembra tanto secca. Alzo gli occhi, attorno a me una distesa di pietre verticali. Tutte levigate, bianche e grigie. Le vedo vicine e più lontane. Mi rendo conto che una volta erano case. A qualche metro da me il muro sulla mia destra è crollato. Ha creato un profilo scosceso fino a terra. Da quell'apertura entrano dei raggi di sole. E' il tramonto. Non so se sono fermo in un vecchio cortile o in una piccola piazza. Sulla mia destra c'è una porta di legno. Entro. Dentro c'è un corridoio buio, e lo percorro per qualche metro prima di trovarmi di fronte ad un'altra porta, più bassa della precedente. La apro, la attraverso, Un nuovo corridoio buio. So che attorno ho sempre pietra, come se pur non avendone percezione fisica sentissi l'umidità. Apro una porta ancora più bassa, devo inclinare la testa per passare. Vado avanti ed inizio a sentirmi preoccupato. Alla nuova porta inclino il busto. Alla porta successiva mi piego di più. La preoccupazione cresce. Raggiungo una porta davanti la quale mi inginocchio. Mi rendo conto che non si sono solo ristrette le porte fino a quel punto, ma anche lo spazio ai miei lati e sopra di me. Non mi volto mai indietro. In ginocchio sento l'ansia per la prima volta. Apro la porta con un gran respiro. Rimango fermo. Non so se penso, non ho ricordo del pensiero. E' strano dottore? E' strano che ricordi tutti questi particolari, ma non il pensiero? Il cuore inizia a battere più forte a questo punto. Mando giù il magone, varco la nuova soglia e mi sento in trappola. Lo spazio è davvero più piccolo. Il buio è sempre più buio. Eppure, dottore, il buio è buio, come fa a essere più buio? Ho paura. Ho paura di proseguire e al tempo stesso ho paura di rimanere lì, bloccato. Il sogno si è interrotto qui per molte volte. Ho salvato me stesso interrompendolo. Ho gettato la spugna dottore? Era una situazione difficile e l'ho evitata, vero? Sono uscito di scena. Eppure una notte, una notte io... io...vede, io ero davvero terrorizzato. Sapevo che stavo per avere un attacco di panico in quel buco senza luce. Strisciando arrivo ad una nuova porta. Sento qualcosa di viscido sotto di me, forse fanghiglia. Apro una nuova porta. lo spazio mi sembra leggermente maggiore nel nuovo cunicolo. Non so se fidarmi della mia sensazione. Ho sempre il terrore di non poterne più uscire, e che i sensi mi stiano ingannando portandomi ad una falsa speranza. Eppure, dottore, dopo ogni porta mi sembra davvero più ampio lo spazio. Arrivo a camminare con le gambe mezze rannicchiate. Poi riesco a distendere le gambe, con il busto piegato. Apro una porta. Ho una strana sensazione. Un misto di terrore e fiducia. Entrano dei raggi. Sono all'aperto. Vedo altri edifici di pietra crollati, le pietre a terra, a pochi metri davanti a me un altro muro di pietra si unisce a quello sulla mia destra formando un arco. Alla sua sinistra il muro crollato.Sono dall'altra parte del muro. Capito dottore? Ho attraversato un muro. Ho fatto questo sogno decine e decine di volte, e solo una volta sono riuscito ad attraversare il muro. Ah, dottore, non sono sporco. Non avevo fanghiglia addosso. Non mi sono guardato, ma lo so. Mi incammino verso l'arco, e non ricordo più niente.

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