sabato 13 novembre 2010

Fogli bruciati.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



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Ho disegnato una storia con la mia matita rossa appuntita. L’ho disegnata sui brandelli di fogli che rimanevano del mio quaderno di schizzi, quelli che si sono inspiegabilmente salvati dalle fiamme del camino. Tutto il resto è volato via come cenere per posarsi chissà dove.
Non sopportavo più l’apatia che mi immobilizzava e il torpore della mente generati dal mio vortice di spietata autocritica. Così, risucchiata sempre più a fondo, incapace di reagire e disgustata da quanto avevo realizzato fino ad allora, ho gettato il quaderno di pelle nera nel fuoco vivace, con un gesto di rabbia cieca, senza nessun rimorso volevo vederlo ardere finalmente, desideravo godermi ogni crepitio come fosse un segno di Vita di quelle che erano rappresentazioni malriuscite della realtà, sempre troppo statiche e così insopportabilmente bidimensionali. “Colpevolmente innocente!” – gli ho urlato gettandolo fra le fiamme. Colpevole di essere testimone dell’inettitudine solo e soltanto mia che lo assolveva ad essere privo di peccato.
Mi sono addormentata sulla poltrona davanti al caminetto mentre cercavo di trarre nuova forza da quell’inclemente sacrificio d’innocente e, qualche ora più tardi, mi sono svegliata preda dei brividi: il fuoco aveva smesso di ardere. Sulla pietra, accanto alla cenere, giacevano alcuni pezzi di carta bruciacchiati, senza linee disegnate. Salvati dalla fiamme. Li ho raccolti e guardati per un poco, come studiandoli, stupita che fossero stati risparmiati e arrabbiata per quest’ impudente smacco, tanto da decidere di torturarli prima di rigettarli nel fuoco nuovo che avrei acceso a breve.
Ho disegnato una storia con la mia matita rossa appuntita sui brandelli di fogli che rimanevano del mio quaderno di schizzi. Ho poggiato la matita accanto ai pezzi di carta e guardandoli quasi non volevo credere a ciò che vedevo davanti ai miei occhi: la prima linea che ho tracciato si stava sollevando dal foglio. Il disegno prendeva Vita. Bidimensionale, come l’avevo disegnato, ma Vivo.
Era un fumetto dalle linee semplici, con un lui ed una lei. Quando tutti i contorni di lui si alzarono dal foglio e fu in piedi sulla scrivania, tese la mano verso quella di lei che stava sollevandosi dal piano di carta per aiutarla a venirne fuori. Una volta fuori, lei si accovacciò sul foglio per tirare via la borsetta che io avevo disegnato poggiata sul tavolo in fondo alla stanza. Si diressero insieme verso la porta e dal secondo pezzo di carta si alzarono gli alberi e le foglie autunnali cadute sui sanpietrini, perché persino questi ultimi si erano innalzati sul piano del foglio. I due camminavano lungo la strada su cui, man mano, foglietto dopo foglietto, si ergevano rari alberi e le vetrine di negozi già addobbate per Natale, fermandosi di tanto in tanto. Ai bordi della via, procedendo nella storia, comparivano altri personaggi, artisti di strada, di cui avevo riprodotto le abilità, prendevano vita e uscivano dal foglio roteando in aria birilli e sfere colorate, gonfiando variopinte bolle di sapone con una corda, disegnando con le bombolette spray paesaggi visionari. Ad uno di questi angoli si trovava una vecchina col fazzoletto in testa che vendeva le caldarroste fumanti e i due vi si fermarono prima di proseguire verso una lunghissima scalinata che si sollevò dal foglio gradino dopo gradino, ergendosi maestosamente al di sotto di una chiesa. Prima di salire i due si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi si sedettero su uno scalino, si scambiarono un bacio e risero per il tutto il tempo assaporando le grosse castagne che avevano nel cartoccio.
Ero incredula. Ho ripercorso la storia a ritroso con lo sguardo e, arrivata al primo pezzetto di carta disegnato le linee hanno cominciato a sbiadire, così, rapidamente, ho mosso gli occhi verso i due personaggi sulla scala che capeggiava sul mio tavolo e li ho visti abbracciarsi prima di sparire.
Ho strabuzzato gli occhi.
Ho disegnato una storia con la mia matita rossa appuntita sui brandelli di fogli che rimanevano del mio quaderno di schizzi, l’ho vista animarsi, ho gioito per questo, ho respirato l’amore che avevo tentato di riversarvi, ne ho goduto, ho temuto fosse scomparsa nel nulla ed invece è ancora qui, sotto i miei occhi, anche se solo come l’avevo disegnata, ho ringraziato per questo.

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