La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj
"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine
...Inizia a leggere dopo aver avviato il video...
L. Tolstoj
"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine
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Perduta nel
tempo, brancolante tra i secondi che scorrono sempre più rapidi e poi, d’improvviso,
decelerano tanto da sentir gravare sempre più sulle spalle quel tempo buttato. Ricorrono nella mente pensieri ossessivi, eco di frustrazioni. Come la
frustrazione per le pagine lasciate bianche da tanto tempo. Razionalità
prescriverebbe di riempirle ed archiviare così la cosa. Ma ogni frustrazione,
si sa, è figlia e madre. Razionalità non lo sa. Lei è al di fuori dei circoli
viziosi, segue Logica, che è lineare. Io, io conosco bene Razionalità, Logica ed
Emotività. Ho permesso loro di prendermi a braccetto tante volte ed ho
assistito a tante loro guerre, tutte combattute nella mia testa, dove si
contendono il dominio dei miei pensieri e, posso dire, da spettatrice, che un
motivo esiste se Emotività si batte da sola contro due validi avversarie: ha
più armi per dominarle, come il lazo dei circoli viziosi, appunto. Stordisce
con sentimenti ed emozioni contrastanti, senza addurre spiegazione alcuna per
ciascuno ed il suo contrario, così che Razionalità e Logica non abbiano
strumenti per attaccarla al di fuori dello sterile ed altrettanto non argomentabile “Non ha senso, o è l’uno o è l’altro, non puoi ritenere
contemporaneamente vera un’emozione ed il suo contrario.” “Ed invece è così” –
risponde quella. Sterile, tutto. Ne hanno per ore, giorni, mesi o anni, quando
cominciano a scontrarsi su qualcheduna delle mie idee o emozioni. Ed io
rimango in sospensione di giudizio su quel pensiero per tutto il tempo in cui
loro dibattono e, così, Emotività ottiene una nuova vittoria: genera altre
ansie che mettono al mondo nuove frustrazioni che accudiscono la mia depressione,
perché possa trovare sempre un giaciglio confortevole in cui continuare a
risiedere. E per quanto, talvolta, io fornisca armi di contrabbando a
Razionalità e Logica, Emotività, con le sue sole forze, riesce a protrarre
sempre la battaglia, talmente a lungo che io continuo a rimanere ferma. Il
tempo scorre, inesorabile, senza che io abbia compiuto alcuna azione. Rimango
immobile. Per tutto. Per tutti. O meglio: per tutto e per tutti per come la
vedo io, che sono dentro di me e, di conseguenza, l’unica a poter sapere
davvero come stanno le cose; so per certo che chi è al di fuori di me non
riesce a vedere questa immobilità o, al più, ne vede solo una parte perché
coglie alcuni dei tentativi di agire che attuo, e li interpreta come un mio moto durevole, che si
affievolisce di tanto in tanto, forse per stanchezza, ma che non scompare. Ma
questi tentativi, io so non essere assolutamente sufficienti per sovvertire la
mia condizione. Per contrastare l’immobilità verso tutto, a dire il vero, non
faccio molto, perché è la cosa su cui quelle tre si scontrano di più: il loro
terreno di guerra più fertile è, senza dubbio, il mio rapporto con la Vita ed
il Mondo, quindi di base il rapporto con me stessa. Ed essendo tali argomenti
motivo dei loro più lunghi dibattiti, io non riesco quasi mai ad agire per me
stessa verso il tutto. Per contrastare l’immobilità verso tutti ho un più
ampio margine d’azione. Dibattono meno su quello. Quando rimango ferma verso
tutti, è perché Emotività ha trovato il modo di inserire nel discorso sulle mie
azioni verso gli altri qualche congettura che riconduce a me, e da qui seguono
battaglie ancora più aspre delle precedenti, perché coinvolgono “tutti e tutto”.
Ma il vero nodo della questione dell’immobilità quasi assoluta verso tutto e
della maggiore attività verso tutti risiede sempre nelle capacità di Emotività.
Un’altra sua vittoria: l’indurmi ad occuparmi di ciò che è altro da me per
sentirmi appagata, ma soprattutto, diabolicamente da parte sua, per tenermi
lontano dalle battaglie che conduce su di me, cosicché io non abbia modo, stufa
delle sue vittorie, di schierarmi con Razionalità e Logica. Mi lascia fuori, a
non occuparmi di me e con l’atroce dubbio che, l’occuparmi degli altri, quelle
volte in cui riesco a farlo, siano frutto di puro egoismo, unicamente un modo
per fuggire da me stessa e questo le offre ulteriori spunti per ingabbiarmi
nelle mie ansie e paranoie, buttandomi sempre più giù, lasciandomi sempre più inorridita
da me stessa e sempre più vulnerabile ai suoi attacchi. Le volte in cui,
invece, vorrei occuparmi dell’altro da me ma sono immobilizzata dalle guerre
che si consumano nella mia testa, Emotività sfodera l’altra sua arma, quella
del senso di colpa che porta con sé spiacevoli sensazioni come l’inadeguatezza.
E così io rimango, comunque, sua vittima, immobile o meno.
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