venerdì 7 maggio 2010

Lontani pomeriggi di Maggio.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



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Davanti a me un’infinita distesa di fili d’erba verdi, luccicanti sotto i raggi tenui e ambrati del tramonto, increspati dal vento di questo fresco Maggio come fossero onde del mare cariche di una leggera spuma. Cerco di fissare i pensieri e le immagini che si rincorrono nella mia mente perché non ho né penna né foglio per poterli scrivere e costruire le mie storie a metà fra realtà e pura fantasia, sogno, speranza. Forse è arrivato il momento di girovagare sempre con un quadernino in borsa, magari uno di quelli col portapenna, perché la penna, quando la cerchi, non la trovi mai, anche se ne hai milioni e così i pensieri ti sfuggono, soprattutto se, come me, ne pensi troppi tutti insieme e le immagini si accavallano e vorresti dar loro un senso più compiuto ma a quel punto non riesci più ad afferrare quelle che si sono affacciate per prime alla porta della tua coscienza e rimangono lì, alcune perdute per sempre, altre rispunteranno ma non puoi mai sapere né quando né se sarai capace di afferrarle quella volta. Però qui, seduta sull’erba bagnata, una sensazione l’ho bloccata prima che fosse persa per un tempo indefinito, o infinito che sia, ed ho sorriso per il ricordo che mi ha regalato. Mi guardavo intorno e assaporavo la quiete di quel prato, lontana dalla vita frenetica di una città che non dorme mai, respiravo i profumi dei fiori, della terra umida e poi, d’un tratto, ho respirato te. Chissà se leggendo capirai. Forse no, perché ti capitava spesso di non capire o di credere che non potevo aver scritto quello che avevi letto.
Ho respirato il tuo profumo e quello che c’era nell’aria frizzante di quei pigri venerdì pomeriggio di Maggio ormai lontanissimi, quando la musica riempiva la stanza e le tende erano animate dal venticello fresco che le coinvolgeva in una leggiadra danza ed io ero stanca e tu mi venivi vicino, mi sorridevi e poggiavi la tua fronte contro la mia ed io, chissà quante volte senza accorgermene, muovevo il naso a destra e a sinistra velocemente, come un topino. La maggior parte delle volte me ne rendevo conto solo dopo, perché tu allontanavi il tuo naso dal mio e mi guardavi con un sorrisetto divertito. Ma quello che tu non sai, forse lo immagini, chissà, è che sempre, prima che venissi a stenderti accanto a me a letto, ti guardavo per tutto il tempo mentre facevi le tue cose, il più delle volte mentre stavi semiseduto nudo davanti lo stereo, tra sedia, scrivania e sgabello, coi piedi arricciati, una cosa che mi ha sempre fatto sorridere perché mi ricordavi un bambino, quei bambini timidi che hanno bisogno di tante attenzioni per trovarsi davvero a loro agio e lasciarsi andare. E rimanevo lì a fissarti e a pensare, il più delle volte a fantasticare, mentre le tue playlists continuavano a suonare, sempre cercando di afferrare tutto quello che scorreva dentro la mia anima per tramutarle in un nero su bianco, come se tu fossi una sorgente d’ispirazione.
E mentre sto seduta qui a respirare ancora il profumo tuo e di quei pomeriggi, con l'immagine di te di fronte lo stereo impressa in modo indelebile nei miei occhi, fa capolino un rimpianto perché, nonostante parlassi troppo spesso di quanto fossi certa della fine di quelle belle giornate, in fondo credo che sperassi che fossero solo parole dettate dalla paura. Rimpiango che non ci siano ancora pomeriggi di Maggio.

2 commenti:

  1. Ce ne sono, di pomeriggi di Maggio. Probabilmente non sono quelli. Però è giusto così, o no? Se fossero ancora quelli, i pomeriggi di Maggio, allora non potresti scrivere quello che hai scritto. Oppure potresti farlo, complice la nostalgia che la primavera porta con se, ma non sarebbe certo lo stesso.

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  2. ... E se i pomeriggi di Maggio non fossero poi così lontani? Se fossero questi?...

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