mercoledì 30 marzo 2011

Il vortice ed il gabbiano.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



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Quando di notte rimango sveglio a pensare questa canzone diventa il sottofondo di tutti i tumulti interiori che, piano piano, vengono a galla e si trasformano rapidi in un vortice che mi porta a fondo mentre in me crescono l’ansia e la paura sapendomi in trappola, perché per quanto io possa provare a nuotare contro corrente non vedo vie di salvezza, non ci sono ancore di salvataggio fra i flutti agitati. Non so neanche più se provo davvero a spingere sulle mie braccia e le mie gambe stanche, se provo a rimanere a galla o se mi sto lasciando risucchiare nelle profondità di questo mare nero. Eppure cresce prepotentemente il desiderio di fuggire via da tutto quello che mi circonda, dalla sensazione di fallimento, che si porta dietro la vergogna e, ormai, un senso di rassegnazione sempre più dilagante nei sentieri bui della mia anima, dai giudizi che pesano sulle mie spalle, dagli obblighi, dalle scelte sbagliate, dall’apatia, persino da quelli che mi circondano e che, a modo loro, senza riuscirmi a spiegare perché, mi amano. Il desiderio di allontanarmi da tutto si traduce spesso nella volontà di non affrontare più questo argomento, né con me stesso né, tantomeno, con gli altri, eppure, lo so, da se stessi non si può sfuggire, forse dagli altri si può fare, ma non da sé. Ma poi, si può davvero fuggire da tutto? Non sono forse un essere umano, con le mie angosce, i miei sentimenti, le mie emozioni, il mio bisogno sociale, i miei affetti? Forse non posso fuggire da tutto e da tutti, ma continuo a sentire il peso di quanti si aspettano da me qualcosa e mi accusano e mi giudicano e puntano il dito contro di me quando si tratta di portare l’esempio negativo, quello da non imitare, quello da evitare. Dove sta la chiave per uscire da quest’incubo che, nelle notti peggiori, mi appare destinato a continuare per tutto il resto della mia vita? La cerco nelle mie tasche e non la trovo.

Avevo appena chiuso gli occhi, ero di nuovo ingoiato dal vortice nero e freddo, ma, stranamente, mi sono sentito riportare a galla, al centro di quel grande vortice e, davanti a me, è apparso un gabbiano dalle grandi ali bianche spiegate, un uccello che vive libero solcando i mari, che si libra nel cielo limpido, che sente il calore del sole tutto il giorno. Libero. Bianco. Come vorrei sentirmi io. Eppure si era posato sul mare agitato, a pochi centimetri da me, e mi fissava, ed aveva gli occhi di uno strano colore, puri. Mi ha detto delle cose. La Vita non è mai come ci si aspetta, è tumultuosa, dura, con pochi riconoscimenti per quanto fai, piena di fuochi fatui, con poche e piccole gioie momentanee che, troppo spesso, lasci passare in secondo piano, di cui neanche ti accorgi, ma è anche ricca di persone, ricca di emozioni contrastanti, a volte belle, a volta brutte, e non puoi mai sapere quale, tra queste possibilità, ti riserva il futuro prossimo e quello ancora più in là, ed è questo che la rende così interessante. Se potessimo leggere da un manuale le istruzioni per l’uso ne varrebbe ancora la pena? Ma soprattutto la Vita è ricca di te, ed il segreto è imparare ad apprezzarsi. Mi ha detto che, a volte, siamo ciechi verso tutto ciò che c’è di buono in noi, veniamo sopraffatti dalla visione a schermo intero del nostro lato peggiore, bombardati da mattina a sera da quelle immagini di noi che hanno come risultato quello di impoverirci l’anima, di lasciarci rassegnati che niente mai potrà cambiare. Mi ha detto che, a volte, dobbiamo avere fiducia in noi stessi più di quanto crediamo di poter fare, e fiducia negli altri, che si traduce nella possibilità di vederci attraverso i loro occhi quando i nostri sono ottenebrati. Mi ha detto che, a volte, dovrei fermare il tempo per assaporare il sorriso di coloro che mi amano quando siamo insieme, che dovrei custodire con cura i ricordi delle loro manifestazioni di fiducia, stima ed affetto, perché, quando attraverso i momenti peggiori della convivenza con me stesso e non vedo nulla di buono con i miei occhi, posso rivalutarmi attraverso i loro e riscoprire la parte migliore di me per ripartire da questa, da solo, con le mie forze, con la mia rinnovata fiducia. Mi ha detto che di essere stato felice non te ne accorgi fintantoché non sei arrivato alla fine di questa faticosa corsa che si chiama Vita, quando, stanco, metti insieme i pezzi e scopri che non è il successo, non sono i soldi, non è una bella casa, non è il lavoro a cui ambivi a renderti tale, ma sono le collezioni di sorrisi, di risate, degli apprezzamenti di chi ami e stimi, del profumo dei tuoi figli la prima volta che li hai stretti fra le tue braccia, delle soddisfazioni personali derivanti dalle tue abilità, anche quelle che non mostri a nessuno. Mi ha detto cose che so, che lasciarsi andare non paga, che nella Vita il dovere ed il piacere, il bene e il male, il bello ed il brutto non sono mai in equilibrio fra loro, che sta solo a noi trovare il giusto rapporto fra le cose, che a questo serve la grande forza che abbiamo dentro, che per ciascuno è diverso ma che, non per questo, non esistono persone in grado di comprendere il tuo equilibrio, i tuoi bisogni, persone disposte ad alleviarti il peso in qualunque modo desideri sia fatto, qualunque modo ritieni sia migliore, che non occorre preoccuparsi dei giudizi negativi di coloro verso cui non hai stima o non provi affetto perché non occorre caricarsi di altri mattoni mentre percorri il tuo cammino, e che, per quanto riguarda coloro che ti amano ma che non riescono a comprenderti ed apprezzarti in pieno, nonostante il tuo nascosto desiderio di vedere ricambiata la tua stima verso di loro, non puoi fare altro che tentare di non ingigantire questo desiderio al punto da crearti un altro grosso ostacolo nella mente, perché si può migliorare solo rimanendo sereni, ma non gli ho fatto notare che stava dicendo una banalità, perché, in fondo, di tanto in tanto, serve anche quello. 

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