sabato 28 maggio 2011

Le parole sono importanti, come te.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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Vorrei scrivere ogni volta che ne ho voglia. Lo vorrei davvero, ma poi mi mancano le parole. Le immagini, invece, quelle no, sono sempre davanti ai miei occhi. Mi capita di camminare per strada e, quando soffia il vento, guardare il mondo a rallentatore, come in quelle scene dei film in cui la tristezza o la nostalgia regnano sovrane e le inquadrature si susseguono con effetti di dissolvenza le une nelle altre. Più di rado i film girati con la regia della mia immaginazione sono cortometraggi di immagini felici. In ogni caso, tristi o felici, mi piacerebbe catturarne una, farle raggiungere il mio angolo più profondo, lasciarla lì quel tanto che basta per sentirla mia e solo mia, perché mi sussurri le parole che cerco quando meno me l’aspetto. O, ancora meglio, mi piacerebbe che ogni immagine fosse un seme che, tenuto al buio, germina e si trasforma in una vigorosa pianta e che su ogni foglia fosse scritta una parola, quella parola che cerco ma non trovo mai, così potrei coltivare un giardino di parole. E allora non mi mancherebbero più. Forse. Dico forse perché la sensazione adesso è quella di aridità e su un terreno arido non nasce niente. E così mi riduco a sperare che il cielo che, provocatoriamente forse, sta sempre lassù mi caschi addosso perché, in quel modo, qualcosa dentro di me dovrà scuotersi, una zolla dovrà rigirarsi, e, magari, dopo quella un’altra e un’altra ancora e allora potrò arare il mio campo ed iniziare a collezionare semi di alberi di parole.
Eppure, più mi mancano le parole, più sento l’urgenza di scrivere, non solo perché è da tanto tempo che non succede, ma soprattutto perché, al pari dei fatti, le parole servono tanto: descrivono circostanze e persone, ma, ancora di più, descrivono chi le usa, le sue emozioni ed i suoi pensieri. Basta saperle usare, che non è del tutto scontato.
Oggi ho messo a fuoco un pensiero, qualcosa che è sempre stato dentro di me ma che è nato nella sua forma più cosciente e definita solo questo pomeriggio. Bisognerebbe vivere sempre come se fosse l’ultimo giorno perché, se lo facessimo, avremmo il coraggio sufficiente per arrivare alla fine della nostra giornata avendole dato un senso e, soprattutto, se quello fosse davvero l’ultimo giorno e ci fosse dato saperlo non appena sorge il sole, sono sicura, ognuno rifletterebbe sulla propria vita e realizzerebbe che ha usato le parole di meno o di più di quanto avrebbe voluto con qualcuno. In realtà il mio pensiero scaturiva dalle parole che spesso non abbiamo il coraggio di dire o, almeno, io non ho il coraggio di dire. Io non voglio arrivare all’ultimo giorno ed avere il rimpianto di non aver detto tutto. Il mio blocco più grande è sempre stato nel far capire agli altri quanto ci tenga a loro. Le parole mi si bloccano in gola, le guance si fanno rosse e calde e neanche i gesti d’affetto mi riescono naturali come vorrei. Tuttavia rimango convinta che bisogna in qualche modo sempre manifestare il proprio affetto e il proprio amore per un altro, e allora, per questo, a volte, ti stringo più forte del solito nella speranza di placare ogni tua inquietudine, ti bacio come se fosse l’ultimo bacio che continuiamo a rimandare, con le mani che stringono il viso dell’altro avvicinandolo sempre di più, come se volessimo proiettare le nostre anime l’una nell’altra per raggiungere un livello superiore di comunicazione, e riesco ad usare le parole affettuose che meriteresti di sentire più spesso, soprattutto.

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