domenica 14 febbraio 2010

Stairway to Stars

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


...Inizia a leggere dopo aver avviato il video...




Ed è oltre una nuvola di fumo, che sale rapida e si disperde nel cielo scuro, che si perdono i pensieri di un’anima stanca. Ed è oltre quella nuvola di fumo, che esce dalla bocca della forma corporea di quell’anima, che si profilano immagini diverse, rapide, che quasi scivolano l’una sull’altra. Non è semplice afferrarle, definirle, decifrarle. Scorrono. Riemergono dal passato, si fanno strada uscendo dall’affollato presente, precedono il futuro.
Rannicchiato sui fili d’erba umidi con le spalle al muro e lo sguardo fisso nel vuoto, una canzone gli riempie la testa e gli sembra di vedere le note monocromatiche illuminate da un leggero luccichio volteggiare davanti ai suoi occhi con una consistenza gommosa, vien voglia di afferrarle ma non un muscolo risponde all’impulso. Solo le palpebre si chiudono e si aprono e la bocca accenna un sorriso finché lo sguardo si fissa poco più distante. I suoi giocattoli sono ricomparsi dove li aveva lasciati l’ultima volta ed i colori non sono sbiaditi col tempo, tutto conserva quell’aria allegra, anche nell’oscurità, di quelle mattine di maggio, quando il sole diventa più caldo ed i bambini possono giocare liberi dai pesanti cappotti e gli alberi si riempiono di colori. Ed assapora il gusto di quei giochi di quei tempi così lontani dagli obblighi e dalle preoccupazioni. Quell’altalena di legno è ancora nello stesso posto, dopo tanti anni, ed una bambina la fa dondolare in alto, sempre più in alto, veloce, sempre più veloce. E per un attimo gli sembra di pulsare di nuovo per quella stessa sensazione di batticuore che provava ogni volta che la sentiva e la guardava ridere divertita. Con la testa reclinata sulla spalla destra guarda oltre la siepe, dove il lato opposto della strada è illuminato dalla luce fioca di un lampione, quando lo sguardo torna a posarsi sull’altalena e sui giocattoli tutto è sparito misteriosamente com’era apparso. Ed intanto una farfalla scura vola sulla mano che tiene poggiata sul ginocchio destro, mentre la mano sinistra continua a far rotolare la sigaretta fra medio ed indice dopo ogni boccata. E mentre il fumo scende lento chiude gli occhi. Il pensiero di essere incompreso lo assale, una sensazione di solitudine lo divora. Una boccata d’aria pungente gli gonfia il petto e si abbandona alla sua fantasia. Dolce rifugio per quanti sono prigionieri di una realtà che sentono non appartiene loro.
E quella musica che sembrava essersi affievolita nell’eco dei suoi pensieri torna vibrante. Sulle grandi ali della falena scura sembrano esservi due grandi occhi neri disegnati, intensi, così intensi da sembrare reali, così intensi da avere il dubbio di poter comunicare con loro. Con un colpo di ali si libra in volo, lo sguardo la segue per pochi istanti: in un baleno è confusa nel buio. Poco più in là, nella stessa direzione in cui quella sembrava essersi smaterializzata, una scala luminosa bianca inizia a prendere forma, gradino dopo gradino. Leggero gli sembra di alzarsi, attratto inspiegabilmente da quella luce quasi come se l’istinto ancestrale della falena che si era posata su di lui poco prima fosse stato trasferito in lui. Sale i gradini senza mai guardare in basso oltre il loro limite, prestando attenzione solo alle curve leggere che la scala gli pone davanti quasi attorcigliandosi su se stessa. Quando si ferma sull’ultimo gradino un sorriso si disegna sul volto ed un desiderio irrefrenabile s’insinua: allunga la mano, quello che tocca è una stella, sente le sue punte di luce pungergli le dita, il suo calore scaldargli la mano ed è come se potesse penetrare più in profondità. Guarda in basso e vede se stesso sorridente. E lì in alto il tempo ha perso la sua struttura, sgretolata in frammenti d’eternità.
Dal basso, ancora seduto sull’erba bagnata, si vede proteso verso l’ultima stella, quella che si vede brillare meno, eppure ora sa che è abbagliante e calda. Sorride. Ed una sensazione di pace lo pervade, si sente tagliato fuori da una realtà che non gli appartiene ma, forse per la prima volta, comprende la pienezza dell’essere al di là della comprensione di quanti applicano un’algebra lineare alle loro vite, ai loro pensieri, ai loro sentimenti, cosciente che solo un’anima profondamente complicata, fuori dalle logiche e dagli schemi comprensibili ai più può toccare il cielo con un dito in una notte d’inverno mentre rimane seduto ai margini di una società in continuo affanno. Chiude gli occhi. Si volta ad Ovest, li riapre: è ancora buio ma le tenebre sembrano dissolversi. Lentamente volta la testa ad Est: oltre la collinetta con gli alberi alti, la luce del Sole s’affaccia. Sorride di nuovo e lascia che quei raggi facciano chiarezza dentro di lui, cancellando le ombre degli ultimi fantasmi del passato e rischiarendo quei pensieri neri del presente fino a prendere nuovamente possesso di sé.

18 novembre 2009  23.23

Nessun commento:

Posta un commento