domenica 28 febbraio 2010

Le ali della Libertà

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


...Inizia a leggere dopo aver avviato il video...



E’ nella notte eterna che ti ho lasciato andare, certamente meno buia delle ombre che ti circondavano come fossi uno sventurato cieco, confinato in una stanza semibuia, immobile in un letto che ogni giorno profumava di lavanda, capace solo di abbozzare un sorriso ogni tanto, sforzandoti enormemente.
E ti ho lasciato andare rispettando la tua volontà, accettando con sacrificio una decisione che non spettava a me, guidata dall’amore che ancora provo per te, che si rinnovava ogni volta che incrociavo i tuoi occhi, che ardeva delle volte, come quando la scintilla nei tuoi occhi si faceva viva, e che era la mia chiave di lettura per ogni tuo sguardo, cosicché tu, mio muto fantasma, non dovessi costringerti a bisbigliare con la voce flebile così distante dal timbro profondo di un tempo. Cosicché io non fossi costretta all’impressione di sentirti già parlare da un luogo troppo distante da me. E per questo ringrazio la sensibilità della Natura umana: la ringrazio per aver potuto imparare una lingua senza parole, i cui segni sono i bagliori emessi da un’iride colorata con un dinamico puntino nero al centro. E sono riconoscente al Destino per avermi concesso molti anni per imparare a leggere lo specchio della tua anima perché è stato grazie a questa conoscenza che ho potuto interpretare quando è giunto il momento di lasciarti andare, quando è arrivato il momento di far scorrere nelle tue vene l’ultima e più massiccia dose del tuo elisir di fintavita. E mentre questo fluiva sapevo di poter sopportare il tuo sguardo, mi ero interrogata a lungo su questo, e dentro vi leggevo un’unica parola: gratitudine. Gratitudine per averti restituito la libertà e la dignità che spetta a ciascuno di noi. E così, cm non credevo, nell’istante in cui il mio pollice spingeva a fondo lo stantuffo della siringa somministrandoti la dose fatale, non ho avuto tempo per cullare i miei egoistici pensieri che accarezzavano l’idea di tenerti ancora lì con me per poterti guardare, parlare, vederti rispondere con lo sguardo, ascoltare respirare sebbene a fatica. Ma quando hai chiuso gli occhi l’ho fatto anch’io con la voglia di seguirti e con un disperato ed insensato desiderio di vedere coi tuoi occhi, di scoprire cosa c’è al di là e se è vero che nell’ultimo istante la tua vita ti scorre davanti e sei investito da tanti flash. Ed in quel momento, per un lungo attimo ho bramato con fervore che fosse così, per avere appagato l’egoistico piacere di essere io il tuo ultimo ricordo.
Ma chiudere gli occhi non è stato sufficiente per assecondare il desiderio se non con la mia sfrenata fantasia, quella che mi fa sognare ad occhi aperti che sei ancora qui,sano, che mi stringi e mi sorridi e che poi mi lascia il sapore amaro della solitudine quando svanisce come una nuvola spazzata via dal vento sopra la mia testa. Ma c’è qualcosa che mi rende forte nonostante tutto: so di averti restituito in morte le ali che la vita ti aveva sottratto, anche se sembra paradossale dipingerti con le ali parlandoti mentre sei due metri sotto terra.

Nessun commento:

Posta un commento