sabato 13 febbraio 2010

Mystere et suspens

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine

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E riempio di inchiostro nero fogli bianchi sparsi perdendomi tra le lettere fluide che si trasformano l’una nell’altra per ricordarmi chi sono. Ed ogni tratto che aggiungo mi riporta alla memoria il ricordo lucido e talvolta bagnato di quello che è stato, di quando quel nome è scomparso e del momento in cui è riapparso con prepotente noncuranza. Et entre les mots, disegni che hanno sempre accompagnato i viaggi della mia fantasia, che la mia mano calca sul foglio, sfuggendo totalmente al controllo della testa troppo impegnata ad indossare le sue ali e librarsi in volo slanciandosi dalla realtà totalizzante. Fantastico rifugio di una mente stanca di sopportare il peso dei pensieri sempre troppo neri, schiacciata dai rimorsi, scacco di uno squilibrato egoismo.
E sono pagine su pagine che raccontano di me che solo io posso rileggere perdendomi tra quelle mancanze e quei bisogni sempre troppo grandi per me che sento il cuore stritolarsi ogni secondo di più, che vedo gocciolare a terra sangue misto a lacrime. E leggo di rimproveri a me stessa, di propositi sempre inosservati, di una me diversa che è apparsa in lampi di vita spentisi sempre troppo presto per afferrarla e lasciare che prendesse il posto della me logorata che continua a scrivere frastornata da se stessa nel tentativo di stabilire un ordine in un universo disordinato in continua espansione nella propria testa. Irrazionale, troppo, che brama di riprendere le fila di se stessa aggrappandosi ad una spinta razionale sufficientemente forte per ristabilire l’equilibrio senza cancellare tutto quel caos che, in fondo, ha sempre amato perché l’ha tenuta viva finora. Fragile, troppo, che non rinuncia a questa fragilità nonostante i tentavi di occultarla anche a se stessa perché di sé non è capace di buttare via nulla, neanche quello che è sbagliato perché convinta che sarebbe come tradire se stessa. Nostalgica, troppo, che così come non abbandona i lati sbagliati di sé non cancella i ricordi dolorosi convinta che siano l’unica cosa che rende forti, che continuano a riaffiorare graffiando con artigli appuntiti il cuore che ancora non è rimarginato. Disfattista, troppo, che archivia nuovi bei ricordi rielaborandoli fino a trasformarli in nuove ansie da aggiungere alle vecchie paranoie. Insicura, troppo, che scivola passo falso dopo passo falso, faute aprés faute, in inutili malintesi sotto i quali finirà schiacciata prima o poi.

02 settembre 2009 22.01

1 commento:

  1. Quando si comincia a non giudicare più se stessi, scandagliando i singoli particolari definendone alcuni sbagliati, tutto cambia.
    Giorgia

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