domenica 10 gennaio 2010

Ascolta il tuo cuore.Esso conosce tutte le cose.

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



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Aveva sette anni e, come tutti i bambini, era molto curioso. S’intrufolava spesso nella camera di mamma e papà alla ricerca di chissà quali segreti ma non si era mai soffermato, come in quella sera di Maggio, su quel fiore che ricordava da sempre sotto la teca di cristallo. Fu rapito dall’armonia di colore e forma. Rimase in piedi davanti al comò per lungo tempo, interrogandosi. Poi, accanto, avvertì una presenza amorevole. Senza voltarsi chiese: “Mamma, da quanto tempo è qui?”
“Da molti anni. Ma non è sempre stata qui.”
“Dov’era prima?”
“Nella mia camera prima che arrivassi tu.”
“E dove l’hai presa?”

Lei si sedette sul letto, il bambino continuava a rimanere in piedi con gli occhi dal lungo taglio fissi sulla teca.

“Ci ha trovati.”
“Trovati, chi?”
“Me e tuo padre.”
“Quando?”
“In una notte romana di pioggia.”
“Che significa che vi ha trovati?”
“Che è comparsa senza che ce ne accorgessimo. Non sappiamo se sia sempre stata lì o sia apparsa dall’oscurità per poggiarsi su un gradino.”
“Come fa a non appassire?”
“Non lo so. E’ rimasta così da quella notte. Ha lo stesso colore brillante ed è bagnata dalle stesse gocce di pioggia. E’ un segno.”
“Cosa vuol dire?”
“Che a volte nella vita c’è bisogno che la Terra, il Cielo ed il Mare complottino col il Fato perché qualcuno si guardi dentro e possa vedere ciò che non voleva vedere, perché possa ascoltare quello che il cuore sussurrava da tempo, perché possa zittire, almeno per un po’, la nostra parte razionale che, spesso, con la sua voce, copre i mormorii dell’animo.”

Capì quello che la madre stava dicendo e ringraziò dentro di sé quella rosa rossa per aver permesso a quei due ragazzi poco più che ventenni di abbandonare le loro inquietudini e le loro remore sull’Amore e sull’altro, di averli resi capaci di accogliere un Segno, perché così a lui era concessa la possibilità di ammirare quel meraviglioso Simbolo venuto da chissà dove in una notte di pioggia.
Lei si voltò, inclinò leggermente il capo e gli sorrise. Era stato lì, poggiato allo stipite della porta, tutto il tempo. Le sorrise dolcemente.


29 aprile 2009 0.40

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