giovedì 24 dicembre 2009

Miracolo di Natale

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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L’orologio del Campanile rintoccava la Mezzanotte. Nella stanza profumata di bucce di mandarini essiccate sulla stufa, illuminata dalle luci fioche di un camino e di una vecchia lampada ad olio poggiata sul tavolino accanto a lui, addobbata da agrifogli, vischio, biancospini e pungitopi, era immobile ed assorto nei suoi pensieri come se, da troppi anni, non avesse avuto un solo secondo per fermare quel suo incessante camminare lungo il sentiero della vita, sedere sulla sua poltrona di velluto bordeaux al centro dell’immenso salone al primo piano di quell’elegante villa vittoriana e riflettere. Era solo. Aveva lasciato da poco quel suo affollato ed amato posto di lavoro, eppure, questa volta, diversamente da tutte le altre giornate della sua lunga vita, non aveva portato con sé alcuna di quelle voci, alcuna di quelle richieste, alcuno di quei problemi, alcuno di quei sorrisi, alcuno di quei ringraziamenti. Per la prima volta, dopo anni, aveva tempo di occuparsi di sé. Ben presto, osservando la legna scoppiettante, si accorse di averne anche voglia. Quella che gli era mancata per quasi un lustro.
Dalla propria vita aveva ricevuto ogni genere di soddisfazione. Aveva amato. Aveva lavorato. Aveva aiutato. Aveva accumulato molte ricchezze, soprattutto interiori. Poteva sedere ogni sera davanti al camino fumando la sua pipa, come quella notte. Eppure, vi era qualcosa di diverso nell’aria, e non era solo il Natale che bussava alle porte. Aveva sempre prestato servizio il giorno di Natale in quei lunghi decenni, era il primo anno in cui riposava, apparentemente senza una particolare ragione. La pipa che, solitamente, teneva lassamente nella mano sinistra, in quella notte, era stretta così forte da sembrare il suo ultimo appiglio per non cadere nell’ignoto che, sapeva, l’avrebbe atteso di lì a poco, ma non una sola boccata le fu concessa. Era immobile, con gli occhi scuri fissi sul fuoco vivo, e di colpo sentì il vuoto dentro. Non fu affatto una sensazione spiacevole. Fu come fare un salto nel passato e nel futuro al tempo stesso. Tutta la sua vita gli scorse davanti agli occhi e qualcosa in particolare catturò la sua attenzione: l’istante in cui avrebbe potuto cambiarne il corso. Si era palesato nella Notte di Natale di molti anni dopo, come una beffa. Nel periodo in cui i nostri cuori sono più fragili, più disposti all’apertura, più sensibili ai colpi del Destino, questo ineffabile misterioso, aveva colpito. E, per la prima volta, dopo anni, sentì ricadere su di sé il peso della sua età, il peso della sua passione, il peso della sua non ammessa stanchezza. Ebbe paura solo in quel momento. Si sentì turbato dalla consapevolezza della sua condizione. Ebbe terrore di non riuscire più ad essere lo stesso da quel momento in poi, allora che, inaspettatamente, la Vita aveva presentato il conto. Un uomo vecchio e solo, animato, nella sua vita, da tanta passione per il suo lavoro, ma senza alcuno al fianco per poterla condividere realmente e profondamente. Aveva perso quell’unico Vero Amico anni prima. La poltrona vittoriana che si trovava di fronte la sua era vuota da decenni, e, di colpo, ricordò l’esatto momento in cui, fumare la pipa, perse piacere e divenne, come ogni sera seduto davanti al camino, un modo per non pensare, un modo per non affrontare la realtà, un modo per fuggirla un giorno ancora, consapevole, nell’intimo, di quanta fatica servisse per guardarsi dentro. Fu quando quella dell’altro si spense.

24 dicembre 2008 15.12

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