sabato 26 dicembre 2009

Shooting Star...

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine


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Entrai nell’immenso salone illuminato solo dalle luci fioche di un candelabro dal sapore antico. Era lì, seduta ad accarezzare i grandi tasti neri ed avorio del pianoforte a coda, unico arredo di quella stanza buia, ed una dolce melodia s’insinuava, attraverso la mia pelle avvinta dai brividi, nell’anima. Indossava un lungo vestito dorato leggero ed appariva così eterea con la pelle candida ed i boccoli biondi che le ricadevano morbidi sulle spalle che avrei tratto piacere nel guardarla per secoli. Ma ero lì per una ragione. Mi diressi verso di lei cercandone lo sguardo, desiderando ardentemente di incontrare quegli occhi nocciola dal lungo taglio, incorniciati da una precisa linea nera che si estendeva oltre le sue lunghe ciglia. Mi avvicinai e le tesi la mano. Non distolse lo sguardo dalle note colorate che dipingeva con la fantasia. Rimasi con la mano tesa ad aspettare. La melodia si faceva sempre più frenetica, potrei giurare di aver sentito anche altri strumenti in quella stanza vuota. Chitarre elettriche. Poi, d’improvviso, sollevò le mani affusolate dal pianoforte e si voltò, finalmente, verso di me. Mi fissò. Non saprò mai dire cosa volesse significare quello sguardo, forse amore, forse odio. Mi porse la sua mano ed averla stretta nella mia dopo tanto tempo mi provocò un’emozione tanto forte da sembrare che potesse fermarmi il cuore. Avidamente l’alzai e la tirai verso di me per stringerla e poter, nuovamente, socchiudere le mie labbra sulle sue. Quell’istante mi sembrò eterno. Il momento in cui, finalmente, dopo così tanto tempo, il suo cuore avrebbe battuto di nuovo accanto al mio, sembrò non arrivare mai.
E non arrivò mai.
Si divincolò dalla mia presa d’amore e, d’un balzo, fu al centro del salone ed un bagliore improvviso accese la stanza. La carta da parati vinaccio d’oro decorata si dissolse tra i fasci luminosi che s’irradiavano dai gigli dorati. Le grandi finestre di legno scuro di spalancarono come se un potentissimo e sconosciuto vento gelido avesse bussato troppo veementemente sui vetri decorati. Lei continuava a fissarmi, distante, con il viso rivolto verso il basso e gli occhi infiammati d’ira. Ed attorno il chiarore aumentava ed ebbi la sensazione che sopra le nostre teste non vi fosse più l’aureo soffitto a cassettoni ma lo scuro cielo notturno, senza luna. Ed il pianoforte suonava ancora, con ritmo crescente, al crescere dell’intensità di quella luce che, ora capisco, sprigionava ella stessa, alimentata dall’immenso amore che era capace di provare e di cui voleva liberarsi.
Ed infine, continuando a fissarmi, con voce gelida mi disse:
“Guardami! Sono come una stella cadente ora, posso spegnermi nell’atmosfera e tu non mi vedrai più. Posso sparire come una stella cadente, dietro l’orizzonte. Ma porterò la stessa oscurità di una notte senza stelle e senza luna quando mi sarò dissolta.”

E sparì nella luce piena non senza prima avermi spiegato le sue ragioni, cantando:

“You're just too good to lose
and I can't refuse
so don't make me choose
between the two
I'm fed up in here
in my atmosphere
Don't you know who you are
You're my shooting star”


17 gennaio 2009 0.30

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