martedì 29 dicembre 2009

Quiete...

La musica è la stenografia dell'emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tali difficoltà sono direttamente trasmesse nella musica, ed in questo sta il suo potere ed il suo significato."
L. Tolstoj

"Dove le parole finiscono, inizia la musica."
Heinrich Heine



...Inizia a leggere dopo aver avviato il video...





L’erba era soffice e d’un verde brillante. Il sole splendeva alto e sul selciato le foglie secche crepitavano al suo passaggio. Tranquilla, diretta verso quella lunga schiera di pietre levigate ed incise, con la testa sgombra da ogni pensiero, sembrava lasciarsi trasportare dal leggero vento di un autunno appena iniziato.
Arrivò al cospetto di quella lastra candida che rifletteva l’intensa luce che il cielo, clemente, donava ogni anno in quel giorno, posò lo sguardo rapido su versi incisi nella pietra:


Voglio però ricordarti com'eri
pensare che ancora vivi
voglio pensare che ancora mi ascolti
e che come allora sorridi.

sentendola improvvisamente più vicina.
Portò all’orecchio sinistro una cuffietta e fu immediatamente catturata dal ritmo di quella vecchia canzone scritta per un’amica perduta. Si sedette di fronte a lei, fissando il suo nome scolpito a chiare lettere nere, fissando quella piccola stella e quella pesante croce più sotto, fissando il vuoto lasciato dalla sua volontà di non mostrarsi più.
“Ciao. Sono tornata anche quest’anno. Ho i tuoi fiori, i tuoi crisantemi gialli e bianchi.” Sorrise socchiudendo gli occhi come se non volesse credere a quello che stava accadendo, a ciò che stava per dire. “Me l’hai spiegata tante volte in vita questa tua passione per i fiori da morta, tu che morta non sei mai stata. Ed ora, ora io li poggio su una lapide fredda con cui parlo e da cui non ricevo mai risposta, ma con cui continuo a parlare quasi sperando che tu possa sentirmi. Come fossi in un qualche angolo remoto dell’universo, buio o assolato, pieno o vuoto, caotico o silenzioso, e la mia voce potesse arrivarti in qualche modo. Come se sperassi di raggiungere anche io lo stesso luogo in cui ti trovi tu, prima o poi, per ricevere tutte le risposte alle mille domande che ti pongo ogni anno in questa data.” Sorrise ancora, come se stesse per fare la spiritosa, con gli occhi che le brillavano. “Dimmi, questi crisantemi ora hanno ancora lo stesso significato? Ora che non puoi sentirne l’odore, ora che non puoi dimostrare più quanto sei vera, ora che non puoi più gioire, ora che non puoi più illuminarmi coi tuoi sorrisi e le tue parole sagge, ora, hanno ancora lo stesso senso? “ Rimase in silenzio per qualche secondo.
“C’è una donna vestita di nero che tiene per mano una bambina dai capelli rossi raccolti in due amabili treccine. Sono poco lontane da noi. Le ho viste in queste stesso giorno anche l’anno passato. Abbiamo qualcosa in comune probabilmente: in noi si è creato lo stesso incolmabile vuoto nello stesso giorno.” Fissò ancora per qualche istante quella madre chiusa nel suo dolore e quella figlia troppo piccola per capire a pieno cosa aveva perso forse in una notte buia e tempestosa. Buia e tempestosa tanto quanto quella che le strappò il cuore dal petto nel momento in cui, dopo quel terribile schianto, la vide al suo fianco, riversata sul volante insanguinato, esanime. Un brivido le risalì lungo la schiena, scese sulle braccia e sulle gambe.
“Scusa. Non ti sto raccontando cos’altro vedo. Come mio solito fissavo un punto guardando ben oltre questo.” Sospirò. “C’è un sole caldo oggi e un vento fresco. Non ho portato solo i tuoi fiori, sai? Ho portato anche il tiramisù, come ogni anno. Sopra c’è una candelina in più, ma forse già dal prossimo anno dovrò trovare un altro modo per portare questo conto: è troppo piccino per farle entrare tutte.” Sorrise e la immaginò risponderle con quel suo contagioso sorriso a mille denti. “Beh, comunque, hai dei nuovi vicini. Un bel ragazzo e un signore molto anziano. Un ramo spezzato ed una vecchia quercia. Chissà quanti cerchi si potevano contare su di loro. Forse per la quercia erano più che sufficienti. Ma il ramo spezzato… forse non aveva concluso che pochi giri, come te. Forse anche lui è stato colpito da un terribile ed inaspettato temporale.” Affondò il cucchiaino nel dolce e lo portò alla bocca, mandò giù il boccone e sorrise. “Buono! Anche quest’anno avresti apprezzato come un tempo!” Esordì puntando il cucchiaino verso la pietra bianca. “Divento sempre più brava, ma non è la stessa cosa senza te che rompi le uova in cucina e mi butti il cacao ovunque tranne che sul dolce!” Rise. Buttò gli occhi al cielo e sospirò come ad aspettare un segno. Un alito di vento più forte le scompigliò tutti i capelli. “Ti sei arrabbiata!?” Rise ancora. “Io dico la verità! Tu sei sempre stata una gran pasticc… iona! La pasticcera sono sempre stata io ed io sola!” Rise di nuovo di gusto. “Mi manchi. Tanto.” Gli occhi le si gonfiarono di lacrime ma continuava a sorridere serena. “Indietro non si torna, non si può. Questo treno viaggia solo in avanti per quanto io mi sforzi di desiderare che vada in direzione ostinata e contraria. Posso solo sperare di essermi sempre sbagliata, che un giorno io e te ci rincontreremo in un momento d’eternità, in un punto d’infinito. Posso solo sperare che tu possa ascoltarmi, che tu possa vedermi, che tu possa assaporare ancora la vita attraverso di me, anche se, forse, assaporare qualcosa che, probabilmente, ancora brami, sapendo che rimarrà per sempre solo un desiderio irrealizzabile, è un tormento atroce che non meriti.” Finì il suo dolce. Rimase lì seduta per lungo tempo, a parlare, a guardarsi attorno, a sorridere, a fissare l’orizzonte e quello che stava oltre questo. Poi si alzò, scrollò di dosso i fili di erba che si erano attaccati ai jeans stretti, allungò la mano sulla lapide bianca sfiorando, lettera per lettera, quel nome che non le era mai suonato mai così dolce come da quella terribile notte. “Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi.” Sorrise e si avviò verso il sentiero lastricato e poi il grande cancello che separava il mondo dei vivi da quello dei morti.


16 marzo 23.18

Nessun commento:

Posta un commento